Quanto segue è una riflessione ed una proposta elaborata in occasione dell'approvazione della Legge di Regione Lombardia sul consumo di suolo stesa con il concorso dell’amico
Dott. Pian. Lorenzo Coppa, che ha collaborato e fornito materiali e spunti
progettuali. Il presupposto di tutta la riflessione risiede nell'assunto che il governo (più del mero contenimento) del consumo di suolo passa da due strumenti tecnico/progettuali: il dimenisonamento del piano (tanto disapplicato nella realtà quotidiana della nostra disciplina) ed il disegno (fisico) del margine urbano.
Il dimensionamento del Piano – anche ai fini della
definizione della domanda endogena
Dopo decenni di
piani dimensionati in funzione delle istanze delle proprietà fondiarie senza
che tali istanze avessero un pieno riscontro nelle necessità del territorio o
che le amministrazioni locali avessero sia la competenza che l’interesse
politico a porre un freno alla crescita delle volumetrie reali o virtuali; ci
troviamo ora di fronte ad un territorio urbanizzato od urbanizzabile in
percentuali altissime, situazione alla quale l.r. 12/2005, è necessario
affermare, ha contribuito in modo rilevante.
Un contributo alle
problematiche sommariamente sopra esposte è affermare il concetto che il consumo
del suolo dovrà essere limitato ai solo bisogni documentati e renderlo cogente introducendo
nella L.R. 12/2005 l’obbligo per il Documento di Piano di dimensionare, con
riscontro analitico, le necessità del territorio comunale; e di utilizzare tali
necessità, che potremmo definire domanda
endogena comunale, quale di riferimento per la quantificazione dei futuri
insediamenti residenziali o produttivi (la c.d. domanda endogena).
Tale domanda,
calcolata in base alla domanda documentata, sarà composta, indicativamente, dalle
seguenti voci:
- il fabbisogno abitativo: calcolato confrontando le dinamiche demografiche in atto (ad esempio: proiezioni del numero di abitanti e di famiglie previste, ecc.) con il numero di alloggi disponibili o volumetrie ancora non attuate, oltre che considerando il disagio abitativo da reddito; quest’ultimo sarà poi di rifermento per le politiche per la casa di competenza comunale (social housing, perimetrazione di ambiti ERP, politiche a sostegno dell’affitto, ecc.);
- le necessità del settore economico: da quantificare considerando sia le disponibilità ancora presenti nel piano vigente che lo stato delle aree dismesse o di quelle sotto utilizzate / inutilizzate, ma anche tenendo conto delle istanze presentate dalle associazioni di categoria piuttosto che da altro soggetto durante le fasi di formazione del piano.
Come si accennava, il
dimensionamento del Piano, adeguatamente giustificato, dovrà essere riportato
nel Documento di Piano. Tale indicazione è però già recepita dal PdL 140, ma
non in modo sufficientemente puntuale; per questa ragione si propone il
seguente nuovo testo per la lett. B) del comma 2 dell’art. 8 della L.R. 12/2005:
“…….determina, in base a motivate necessità, gli
obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo del PGT relativamente ai diversi
sistemi funzionali; in particolare l’effettivo bisogno residenziale dovrà
dimensionato in funzione delle dinamiche demografiche in atto……” .
Governo del margine urbano – anche ai fini del
contenimento del consumo di suolo permeabile
Una prima fondamentale linea strategica per il governo
territoriale delle frange periurbane consiste nel contenimento delle forze
dispersive e nel corretto indirizzo delle forze di addensamento. Bisogna
rimarcare la complementarietà delle due linee d’azione. Infatti, un buon
disegno della città densa è la condizione per generare un paesaggio urbano
attrattivo, in grado di attenuare la spinta alla dispersione. Solo in presenza
di un paesaggio urbano di qualità si riesce a contrastare efficacemente le forze
dispersive, per contenere le quali occorre comunque imporre un vincolo di
tutela del paesaggio agricolo, progettando un “bordo”.
Il concetto della progettazione del margine urbano sposta il
tema del “consumo di suolo” da un divieto
a fare qualcosa, cioè da una norma che impone un divieto, ad un obbligo a disegnare
una città migliore che non consuma suolo.
In sintesi, i piani strutturali di frangia periurbana
dovrebbero:
a. contenere i processi dispersivi
tramite l’istituzione e la progettazione della
cintura verde e della rete ecologica della frangia periurbana;
b. individuare gli interventi
urbanistici necessari per migliorare il paesaggio urbano.
La linea strategica indicata al punto (a), ha lo scopo di
evitare che continuino a prodursi processi dispersivi, che tendono ad estendere
il territorio occupato dalla frangia. Ciò richiede una perimetrazione stretta
della medesima, che fissi un limite simile a quello delle Green Belt inglesi.
Essa ha anche l’obiettivo di migliorare, tramite la progettazione della rete
ecologica, la qualità del sistema del verde della frangia. A tale scopo occorre
fare in modo che il complesso degli spazi verdi interni alla frangia dia luogo
ad un sistema organico, ben connesso con gli spazi verdi dell’aperta campagna, specialmente
attraverso la valorizzazione della rete idrografica minore e dei varchi verdi
tra l’abitato.La linea strategica indicata al punto (b), ha lo scopo di orientare le
nuove edificazioni, ivi comprese le ristrutturazioni urbanistiche, verso un
assetto più funzionale della città compatta, razionalizzando lo spazio
residenziale, gli insediamenti produttivi industriali, l’ubicazione del grande
commercio al dettaglio e delle attività legate al settore dei servizi e
operando, là dove si riscontrino situazioni di criticità ambientale, interventi
di bonifica tramite rilocalizzazioni e mitigazioni.
Bibliografia: “Frangia urbana” Osservatorio Città Sostenibili – Dipartimento Interateneo Territorio – Politecnico e Università di Torino
Bibliografia: “Frangia urbana” Osservatorio Città Sostenibili – Dipartimento Interateneo Territorio – Politecnico e Università di Torino
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