lunedì 20 maggio 2013

Perchè questo blog




È con gli anni degli studi universitari, quando passavo nottate a rimuginare sullo sfavorevole confronto fra i prodotti della trasformazione e pianificazione urbanistica italiana con i casi studio esteri, che ho cominciato a pormi le prime domande sulle motivazioni sia culturali che sistemiche di questo importante ritardo. Ero infatti colpito dalla qualità dei masterplan sviluppati all’estero e dalla loro capacità di costruire, attraverso un capace gioco di vuoti e di grandi densità, un ottimo “effetto città”, ma anche dai bellissimi progetti di spazi pubblici promossi nelle città spagnole, portoghesi o tedesche, piuttosto che dalla notevole lungimiranza tecnica ed amministrativa dimostrata dagli operatori pubblici di quelle città; quanto deluso dai prodotti nostrani che troppo spesso sfiguravano, mancando di respiro e controllo (non mi riferisco alla produzione edilizia di punta, ma proprio alla poca qualità nel disegno urbano diffusamente proposto ed alla resistenza alla ri-generazione urbana di ampio respiro, troppo spesso dovuta ad una chiara assenza di vision). Ma è solo grazie alla mia esperienza lavorativa presso la P.A., dove ho potuto disporre di un punto di vista interno al “regolatore-decisore” oltre che di una importante serie di esempi che benissimo mi hanno restituito lo stato dell’odierna pratica urbanistica, che sono riuscito a dare ordine logico alle mie perplessità e, quindi, a proporne una sintesi critica. Sintesi che si basa sul riconoscimento di alcuni dei limiti culturali ed ideologici che hanno condizionato, indebolendole, le moderne pratiche pianificatorie italiane sin dalla loro avvio e che io ho velleitariamente voluto chiamare “i peccati originari dell’urbanistica italiana”.
Quella che segue è la mia modestissima interpretazione, ma vi invito a sfogliare i masterplan degli ultimi 15/20 anni sviluppati oltralpe e confrontarli con quelli promossi nella nostra Nazione. Controllate numeri, indici, livello degli operatori privati ma anche ruolo propositivo che gli attori pubblici hanno giocato nello sviluppo ed implementazione di queste proposte di trasformazione urbana. Penso sia da questo confronto, il confronto cioè con modelli dai profili di funzionalità più elevati, che debba essere ordinata la valutazione della nostra situazione ed avviare quindi una profonda fase di ri-configurazione di ruoli e competenze, norme ed obiettivi.